Pagine

sabato 14 maggio 2016

La fotografia di moda ha come terreno di coltura l'Italia.


Quando la fotografia nobilita ecco il fulgido esempio di Mario Nunes Vais.


Mario Nunes Vais, il più grande ritrattista italiano del primo Novecento, nasce a Firenze nel 1856. Suo padre lo avvia al mondo finanziario, ma la passione del giovane è per quello pionieristico della fotografia. Si iscrive infatti alla fiorentina Società Fotografica Italiana e collabora con la società Alinari, ma senza mai abbandonare l’originaria attività di agente di cambio. Presso le sue dimore fiorentine Nunes Vais accoglie importanti ospiti che, negli anni, passeranno davanti al suo obbiettivo: D’Annunzio, Eleonora Duse, Gugliemo Marconi, Giovanni Amendola, Trilussa, Giuseppe Giocosa, Matilde Serao, la famiglia Spadolini (sua vicina di casa al Pian dei Giullari) e decine e decine dei principali protagonisti della vita artistica e letteraria dell’epoca. Nunes Vais si contraddistingue non solo per la tecnica, ma anche per la curiosità che lo spinge ad immortalare senza preconcetti il suo tempo in tutte le sue espressioni artistiche, sociali e politiche. E’ infatti fotografo ufficiale di casa Savoia, ma allo stesso tempo immortala a Firenze nel 1908 i protagonisti del X° congresso socialista, tra cui Filippo Turati e sua moglie Anna Kuliscioff. Ma Nunes Vais non è solo un grande ritrattista di personaggi famosi, anzi in numerose lastre coglie, preferendo le scene collettive e prive di qualsiasi posa, quasi un’indagine verista, la vita quotidiana nelle città e nelle campagne della Toscana e dell’Italia di quegli anni. Il fotografo muore a Firenze nel 1932 e il suo enorme archivio (oltre 70.000 lastre) negli anni Settanta è stato donato al Gabinetto Fotografico Nazionale di Roma, mentre altre lastre sono oggi depositate a Firenze presso il Gabinetto Vieusseux e il Museo Alinari.
Compì gli studi nell’Istituto Svizzero per poi seguire le orme paterne ed esercitare per tutta la vita il mestiere di agente di cambio. Dopo le nozze con Sofia Uzielli (1881) le dimore di famiglia in campagna (a Pian de’ Giullari) e in città (prima in via Pandolfini, poi dal 1895 in piazza dell’Unità, infine dal 1924 in Borgo degli Albizzi) divennero rinomati luoghi di incontro della mondanità fiorentina.
Sempre negli anni Ottanta dell’Ottocento diede inizio all’attività di fotoamatore, mediante la quale realizzò un corpus di fotografie che, per la varietà di soggetti e di generi, costituisce uno dei repertori iconografici di Firenze e dell’Italia più rilevanti dell’epoca.
La sua formazione come fotografo avvenne a Firenze, dove già da tempo operavano professionisti di livello internazionale come i fratelli Alinari (dal 1854) e Giacomo Brogi (dall’anno successivo). Intrattenne rapporti di amicizia e di collaborazione con numerosi operatori e in particolare con la seconda generazione dei titolari delle aziende più importanti: con Vittorio Alinari (alla guida dell’azienda di famiglia dal 1890) e con Carlo Brogi (subentrato al padre nel 1881).
Il suo ingresso nel mondo della fotografia coincise con la diffusione della tecnica della gelatina bromuro d’argento, che, a partire dal 1880, con la commercializzazione di lastre pronte per l’uso e di apparecchiature leggere e maneggevoli, e con la possibilità di effettuare sviluppi e stampe rivolgendosi a personale specializzato, favorì il diffondersi della fotografia amatoriale presso un pubblico di appassionati non sempre esperti di chimica e ottica.
Nunes Vais infatti non si occupò mai dello sviluppo e della stampa delle fotografie, che affidò a vari laboratori fiorentini, e non ebbe un proprio studio di posa per i ritratti, avvalendosi dei locali dello studio Alinari, dello studio Bencini e Sansoni e di quello Salvini. Dal 1897, inoltre, versò la quota semestrale per l’uso del terrazzo di posa della Società fotografica italiana.
La sua attività pubblica come fotografo fu legata quasi esclusivamente alla Società, fondata a Firenze nel 1889: uno dei primi circoli nati dalla collaborazione di professionisti e amatori che con esposizioni, concorsi e riviste promuovevano l’arte della fotografia in Italia. L’ammissione nella Società risale al 1890 e negli anni successivi Nunes Vais fece parte di diversi comitati organizzatori e di commissioni di concorso. Nel 1895 fu eletto fra i sindaci; fu membro nel 1903 della commissione giudicatrice del III e IV concorso fotografico indetto dalla Società e nel 1904 del suo consiglio di amministrazione.
Nel 1899, su invito di Vittorio, assunse la direzione amministrativa della società Alinari.
Partecipò anche a diversi concorsi fotografici ottenendovi diplomi e riconoscimenti: nel 1891 a   Palermo; nel 1892, 1899, 1903 e 1904 a Firenze (nel 1899 figurò anche tra gli organizzatori dell’evento, che vide la presenza di opere di importanti fotografi del tempo quali Alfred Stieglitz); nel  1907 e nel 1923 a Torino (nel 1910, a titolo onorifico, venne sollecitato a iscriversi al Photo-Club della città).
Gli incarichi onorifici e i riconoscimenti ottenuti nei concorsi danno tuttavia conto di una parte marginale della sua opera. Egli infatti scattò una quantità enorme di fotografie per proprio diletto, con una sorta di intento classificatorio di luoghi, fatti e soprattutto personaggi dell’epoca in cui visse.
Fin dagli inizi si cimentò in vari generi (vedute di scorci di Firenze, scene di vita di strada, processioni, feste pubbliche, gare sportive, parate ed esercitazioni militari, momenti di ritrovo della buona società, passatempi di popolani), realizzando fotografie che testimoniano la volontà di fissare tipi umani e il gusto di collezionare immagini di eventi di ogni genere: da Buffalo Bill, che sorprese Firenze con il suo spettacolo nel 1890, ai reali italiani, che si recarono a rendere omaggio alla regina Vittoria in visita a Firenze nel 1894; dal X Congresso socialista italiano di Firenze tenutosi nel 1908 (dove ritrasse tutti i delegati insieme, e singolarmente Anna Kuliscioff e Filippo Turati), al gruppo dei futuristi Carlo Carrà, Umberto Boccioni, Aldo Palazzeschi, Giovanni Papini e Tommaso Marinetti nel 1913. Fu un mondo, il suo, in cui la cronaca entrò piuttosto di rado, come nella serie di scatti che fissarono il trasporto degli imputati al processo per l’omicidio del direttore del Telegrafo e della Gazzetta di Livorno (1895). Effettuò anche riprese della sua tenuta di campagna, con le sagre, i contadini, le riunioni di famiglia e gli intrattenimenti con amici.
Nella sua vasta produzione, talvolta con accenti bozzettistici, affinò la padronanza del mezzo fotografico, anche se si possono riscontrare incertezze iniziali. Infatti in qualche caso cadde nell’errore tipico del dilettante di riprendere la propria ombra delineata a terra.
Dagli ultimi anni dell’Ottocento e fino al momento della morte, il successo delle sue opere fu tale che farsi ritrarre da Nunes Vais divenne una moda, e davanti al suo obiettivo sfilò una teoria di personaggi di rilievo del mondo della politica e della cultura.
Immortalò, tra gli altri, Benedetto Croce, Salvatore di Giacomo, Sibilla Aleramo, Amelia Rosselli, Matilde Serao, Annie Vivanti, Edmondo de Amicis, Trilussa (Carlo Alberto Salustri), Ugo Ojetti, Marino Moretti, Luigi Pirandello, Thomas Mann, Guglielmo Marconi, Arrigo Boito, Ruggero Leoncavallo, Sergej Rachmaninov e Pietro Mascagni (in studio e durante un concerto a Boboli del 1906). La maggior parte dei ritratti fu eseguita in studio, ma riservò il privilegio di riprenderli nella loro dimora a personaggi come Gabriele D’Annunzio (nella sua villa La Capponcina e durante varie occasioni pubbliche), Giacomo Puccini (a Torre del Lago), Giovanni Giolitti e famiglia (fotografati a Roma nel 1909) e la casa reale (ritratta a Roma nel 1918). Pittori e scultori (Pietro Canonica, Augusto Rivalta, Vincenzo Gemito, Aristide Sartorio, Ettore Ximenes) vennero ritratti per lo più nei loro studi nell’atto di creare opere d’arte.
Nel frattempo maturò la sua inclinazione più profonda verso il ritratto e la rappresentazione del mondo del teatro e del bel canto, fotografando quasi tutte le stelle del tempo individualmente (in studio) e sulla scena (insieme con i membri delle compagnie).
Quali soggetti figurarono tra gli altri Toti Dal Monte, Titta Ruffo, Beniamino Gigli, Leopoldo Fregoli, Edoardo Scarpetta, Ettore Petrolini, le sorelle Anna, Emma e Irma Gramatica, Ruggero Ruggeri, Alda e Lyda Borelli, Maria Melato, Pina Menichelli ed Ermete Zacconi (quest’ultimo in una nutrita serie di scatti sia in costumi di scena, sia in borghese). Varie furono anche le sedute con Eleonora Duse, molte in abbigliamento di scena; e alcune delle foto scattate all’attrice in una seduta del 1906 furono riprodotte su cartolina per raccogliere fondi in favore della Casa di ricovero vecchi artisti drammatici di Firenze. Nel 1911 immortalò anche l’esecuzione dell’Edipo re di Sofocle nel teatro romano di Fiesole, quando la compagnia di Tommaso Salvini ebbe modo, per la prima volta in Italia, di sfruttare le rovine di un teatro antico per uno spettacolo.
La ritrattistica di Nunes Vais, che comprende una quantità enorme di riprese di persone non famose, è più convenzionale nelle fotografie di scena e di gruppo mentre risulta più riuscita nei ritratti individuali. Infatti, se per indole e per la sua visione del mondo non arrivò mai a uno scavo psicologico profondo, raggiunse tuttavia un equilibrio perfetto fra la sua impressione della persona di cui eseguiva il ritratto e il modo in cui il soggetto intendeva proporsi. Tale risultato, con espressioni e pose mai enfatizzate (come invece avveniva in tanta ritrattistica coeva), grazie alla sobrietà dell’ambientazione decretò il successo delle sue opere.
Non fece mai commercio delle fotografie, limitandosi a formare una propria collezione e a impiegare l’arte come mezzo per consolidare le relazioni mondane di cui rimane testimonianza in un nutrito carteggio che annovera circa 1000 corrispondenti, quasi tutti ritratti dall’autore.
Tale corpus documentario, donato per volontà della figlia Laura, coniugata con Federico Weil, e trasferito per tramite dei coniugi a Viterbo fra il 1988 e il 2007, è oggi conservato nell’Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze. Si tratta in massima parte di lettere di ringraziamento e di richieste di fotografie, oltre che di comunicazioni di carattere professionale, comprese quelle con i fratelli Alinari. Il fondo comprende anche caricature, disegni e dipinti a olio di vari artisti (quasi tutti doni ricevuti per ricambiare i ritratti), oltre a diplomi di concorsi, documenti di carattere amministrativo e alcune stampe di fotografie.
La grande quantità di materiale fotografico che Nunes Vais andò accumulando nel 1907 fu all’origine della richiesta, rivoltagli da Guido Biagi, allora bibliotecario della Mediceo-Laurenziana, di allestire un ‘Pantheon fotografico’ di italiani celebri, sul modello di analoghe iniziative compiute in Francia (cfr. la lettera del 7 febbraio 1908, conservata a Firenze, Gabinetto Vieusseux, Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti). Il progetto editoriale non fu portato a termine, ma Nunes Vais vi si impegnò comunque, realizzando alcune tavole nelle quali ai ritratti da lui eseguiti erano accostati saggi della grafia dei soggetti.
Morì a Firenze il 27 gennaio 1932.
In due tornate (1970, 1981) la figlia Laura donò circa 20.000 negativi su vetro, tutti alla gelatina bromuro d’argento, di formato vario (dal 30x40 al 6x6), insieme con alcune stampe, con materiale documentario e con una parte dell’attrezzatura di Nunes Vais, all’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione di Roma. Tale materiale costituisce oggi uno dei fondi più cospicui del Museo-Archivio di fotografia storica.
Opere di Nunes Vais sono conservate in numerose collezioni pubbliche e private. Quella del Museo Alinari di Firenze conta più di 2300 negativi – quasi tutti lastre di vetro – e 538 foto sciolte.
Fonti e Bibl.:M. N.V. fotografo (catal., Firenze), Firenze 1974; M. Vannucci, M. N.V. fotografo fiorentino, Firenze 1975 (edito anche come M. N.V. gentiluomo fotografo, Firenze 1976); I fiorentini fotografati da N.V., a cura di M.T. Contini, Firenze 1978; Gli italiani nelle fotografie di N.V. (catal., Roma), Firenze 1978; C. Bertelli, La fedeltà incostante. Schede per la fotografia nella Storia d’Italia fino al 1945, inStoria d’Italia, Annali 2: L’immagine fotografica 1845-1945, a cura di C. Bertelli - G. Bollati, I, Torino 1979, pp. 156 s.; M.T. Contini, M. N. V., in Fotografia pittorica 1889-1911 (catal., Venezia-Firenze), Milano-Firenze 1979, pp. 58-64; M. Miraglia, Nota per una storia della fotografia italiana (1839-1911), in Storia dell’arte italiana, a cura di F. Zeri, parte III, vol. IX, 2, Torino 1981, pp. 506-508; I. Zannier, Storia della fotografia italiana, Bari 1986, p. 237; M. Miraglia, D’Annunzio e la fotografia, in Gabriele D’Annunzio e la promozione delle arti (catal., Gardone Riviera), a cura di R. Bossaglia - M. Quaseda, Milano-Roma 1988, pp. 55-59; schede nn. 65 s.; C. Giorgetti, Volti d’epoca: omaggio all’arte fotografica di M. N.V., Viareggio 1997; Scrittori in posa. Autori italiani del primo Novecento nelle fotografie di N. (1856-1932), n. monografico di M.A.FO.S. (Museo archivio di fotografia storica) comunicazioni, II, ottobre-novembre 2000; P.F. Listri, Gli Alinari specchio d’Italia. Biografia della celebre famiglia di fotografi, Firenze 2003, passim; Teatri e arte scenica, n. monografico di Acta photografica, II, 2-3 (maggio-dicembre 2005), pp. 175-261; Vu d’Italie 1841-1941. I grandi maestri della fotografia italiana nelle collezioni Alinari, a cura di A. Cartier-Bresson - M. Maffioli - I. Zannier, Firenze 2006, passim; S. Caciolli, La guerra in posa, in La cartografia. Periodico di informazione cartografica, VI (2008), pp. 42-53, in particolare p. 48; M. Fugenzi, N.- V., M., in Dizionario della fotografia, a cura di R. Lenman (ed. it. a cura di G. D’Autilia), II, Torino 2008, pp. 790 s.; Studi d’artista. Fotografie d’atelier tra ’800 e ’900 (catal., Roma), a cura di D. Affri - P. Callegari, Perugia 2009, passim.


I testi sono stati  registrati e passibili di plagio se riusati.
di Valentina Ughetto

Nessun commento:

Posta un commento