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martedì 13 novembre 2018

Anno europeo del patrimonio culturale 2018 MiBAC.

Una tradizione gustosa che dalla tavola è passata alla storia: l'impresa Pantanella.
Gli  italiani nel passato non hanno mai rinunciato ad un'alimentazione sana, appetitosa e veloce da consumarsi anche passeggiando.

La storia relativa alla impresa Pantanella, oltre a raccontare un processo di unificazione del nostro paese, esprime il relativo sviluppo culturale e sociale definito in sintesi con l’espressione made in Italy.
I documenti d’archivio devono essere una risorsa per ispirare nuovi modelli nell’ambito di una tradizione consolidata.
La ricerca riguardante la ricostruzione dell’attività della famiglia Pantanella presenta dei seri rischi di dispersione, in quanto non c’è un corpus documentale custodito in un luogo unitario e circoscritto e manca di un censimento.
In Italia è presente  già dal Neolitico inferiore la produzione del grano, ma il percorso per assaggiare e gustare il piatto più amato in tutto il mondo " la pasta" - essiccata al sole per essere conservata più a lungo -dovrà aspettare fino alla venuta del Medioevo.
Le tracce più antiche dei Pantanella risalgono al Medioevo, recuperate nella zona della campagna, corrispondente alle attuali province di Frosinone e Latina. In età moderna tra le autorità locali rinvengono i nomi della famiglia de Cinella-Pantanella, assieme ad altri che partecipano alla venuta delle prime botteghe artigianali che trattano granaglie e altri generi alimentari.
Il giovane Michelangelo detto Michele Pantanella , nato ad Arpino (FR) 17 marzo 1843 da Orazio e Marianna Quadrini e morto presumibilmente a Roma nel dicembre 1897,  fa sua la tradizione famigliare  legata alla produzione, lavorazione e vendita dei prodotti cerealicoli.  
Michele, il giovane imprenditore diciottenne,  nel 1840 sposa Angela Maria di Fulco e lascia la natia Arpino a piedi con la sua famiglia per raggiungere la Città Eterna.
I coniugi prediligono l’arco di Settimio Severo e il teatro Marcello, crocevia di contadini arrivati a Roma e degli scrivani pubblici, luoghi ottimali per dare il via ad un’attività ambulante quale la loro.
Tra i primi  i Pantanella a realizzare street food, da consumarsi durante la pausa pranzo o gli spostamenti lungo il tragitto con appetitose pizzette di granturco. Derubati in diverse occasioni, devono vendere tutte le loro dispense di grano e fagioli per superare la loro crisi avvenuta soprattutto dopo il 1859 e provare a investire e fare il grande salto per rimettersi sul mercato in modo competitivo.
L’occasione di dare un risvolto positivo al business familiare c'è e così la fortuna arride con  un nuovo locale in via della Fontanella[1] dove edificano il loro primo forno.
Quella del "forno" è un'arte antica meglio denominata dell’arte bianca, i panettieri, più i grici o grisci (termine romanesco per indicare mercanti stagionali provenienti dalla Valtellina al confine con il cantone svizzero dei Grigioni) e gli orzaroli sono gli addetti a lavorare i generi alimentari e le farine nei forni.
Per descrivere maggiormente le difficoltà di questa attività si sa che attorno al 1830, con la scusa di una maggiore precauzione nei confronti dei cittadini, Leone XII destina la presenza di una guardia svizzera ad ogni porta di forno, da questo momento  in poi vengono chiamati  i locali: “il forno e l’alabarda”; così  nel 1830 la guardia svizzera presenzia un controllo riguardo le vendite stabilite dal presidente della grascia o da quello della farina e la speculazione non termina nemmeno sotto l’influsso dei Savoia e la successiva annessione di Roma.
I forni ormai controllati dal governo nella produzione e vendita sono anche gestiti nelle licenze numerate di apertura.
Rappresentativa nel 1890 l’insegna quadrata dell’attività in via delle Mura fuori Porta Cavalleggieri 102  che reclamizza: “Forno di Pane. Deposito di farine da vendersi all’ingrosso e al minuto; paste di ogni genere; risi; oli finissimi; pizzicheria ed altri generi commestibili”.

Pantanella da quando è giunto a Roma ama  e pratica moltissimo con le vendite di giorno la zona dell’Aventino ed è una scelta fortemente desiderata quella di stabilirsi nel 1874 definitivamente anche con il proprio domicilio presso la via della Bocca della verità. Col tempo inserendosi sempre di più nel tessuto sociale e affermandosi anche economicamente si  sposta e acquista uno spazio più importante dotato di fabbricato e di un cortile dotato di una fontana situati in via della Marrana.
L’imprenditore è in piena ascesa e da gestione famigliare piano piano incrementa le assunzioni degli operai con la conseguenza di dover acquisire anche un secondo fabbricato con ingresso su via della Greca.
Le leggi eversive dell’asse ecclesiastico sono un’occasione propizia per Michele e fiutando l'affare estende le sue attività presso la nuova dimora nel Rione Ripa aggiungendo: via di Santa Sabina (odierna via dell’Ara Massima di Ercole), via della Greca e via dei Cerchi.
Sicuro della sua capacità di ampliare il suo raggio d’azione, Michele si impegna a costruire il nucleo iniziale del complesso industriale Pantanella commissionato all’architetto Pio Scarselli.
La fortuna gli arride nella costruzione dell’impianto, che procede per fasi e continua a progredire malgrado l’incendio che manda in fumo tutta l’ala appena adibita alla panificazione.
Questa visione di incremento, sviluppo economico e sociale riscontra un parere favorevole a tal punto da ricevere elogi pubblici persino dal sindaco Emanuele Ruspoli e ottiene anche il permesso dal consiglio Comunale di un panificio con dieci forni a vapore essenziali per il settore della panificazione avanzata.
Pantanella tra le sue attività sociali annovera anche quella di presidente dell’Associazione nazionale fra i mugnai nata a Torino nel 1883 e otto anni dopo ottiene così la promozione di diventare anche membro del consiglio direttivo. La strada dell’Associazione nazionale fra i mugnai gli spiana l’opportunità più radicata nel territorio e maggiormente rappresentativa di divenire socio del Pio sodalizio dei fornai italiani in Roma, la confraternita dei fornari (dove risiede ancora presso la Chiesa di S. Maria di Loreto).
Ormai le politiche di Michele Pantanella lo hanno reso uno degli uomini più importanti e in vista della produttività alimentare a Roma.
Il nuovo incendio avvenuto presso lo stabilimento ai Cerchi segna l’inizio di compromessi economici e il declino dell’anziano imprenditore che si trova coinvolto suo malgrado nel famoso scandalo della Banca Romana.
Pantanella è obbligato a firmare così degli accordi economici e successivamente a fondersi con la Società Molini e magazzini generali mettendo alla luce la Società Molini e pastificio Pantanella, con residenza in piazza dei Cerchi.
Il grande sogno di Pantanella si è realizzato con un percorso di gestione famigliare a una posizione di rilievo nel panorama della industria molitoria e della pasta nazionale. 
Questa è una storia italiana di una delle famiglie che ha saputo sfruttare le risorse del territorio producendo; gestendo una filiera tra le prime in assoluto ambulante per la diffusione del prodotto fino a diventare un'impresa con un apparato industriale vero e proprio - durante il 1915-18 si contano già 1100 dipendenti. Una crescita così esponenziale da necessitare di spazi maggiori, da questo momento in poi tutta la attività si sposta a  via Casilina fino agli anni settanta dove assistiamo alla sua chiusura.
La fabbrica già provata dagli incendi e dagli spostamenti subisce anche il bombardamento di Roma avvenuto il 19 luglio del 1943.
Il marchio Pantanella non è più esclusiva della famiglia, ma tra il 1958 e il 1950 è un’azienda d’avanguardia e rilievo europeo.
Dopo una decina di anni di prestigio ormai consolidato in seguito ad una grave crisi finanziaria il pastificio è costretto a chiudere definitivamente la sua gloriosa attività e gli edifici rimasti  abbandonati. 
Da poco tempo sottratto all'incuria il complesso è stato riqualificato tramite la Facoltà di Architettura dell' Università di Roma La Sapienza con il  suo progetto vincente " Dalla fabbrica icona alla Urban Factory", che ha restituito alla città il riuso dello spazio industriale nella città. 
Degli impasti per le pizzette di granturco e delle altre sfiziose ricette al momento non sono state rinvenute tracce, si spera che raccontando un’impresa così importante e vicina a noi nel tempo si possa ritrovare il gusto di quel saper fare che ancora oggi i palati di quei fortunati che hanno potuto assaggiare ricordano. Del resto sapere e sapore hanno un’origine etimologica comune, entrambi vengono dal latino classico sapere che significa prima di tutto aver sapore.
Marcel Proust nella sua opera Alla ricerca del tempo perduto percepisce l’importanza del ricordo e in particolare si riferisce alla madeleine, complice l’episodio di un biscotto inzuppato nel te che ha il potere di rievocare la sua infanzia.
Ernest Hemingway rispetto a Proust approfondisce la sua esperienza e comprende l’importanza di dare grande risalto al gusto non solo insegnando alle persone l’idea che chiunque affermi di avere appetito per la vita deve nutrire un sano appetito per il cibo, ma soprattutto perché fa conoscere attraverso i cibi e le bevande locali lo stato interiore dei suoi personaggi. I protagonisti di Hemingwey fanno dei sapori e dei riti volti alla preparazione e al consumo dei piatti una loro consapevolezza e risorsa fino a entrare in comunione con tutto e si sentono a proprio agio come se si trovassero sempre a casa loro rendendo così famigliari tutte queste esperienze.
Il sapere di come vengono prodotti certi alimenti oltre ad essere fonte di saggezza sono in primo luogo fonte di piacere e va tutelato attraverso la conoscenza, la valorizzazione e la promozione. Anthelme Brillat-Savarin comprende quanto il saper assaporare sia importante e realizzi le nostre attitudini, desideri e aspettative affermando: “La scoperta di un manicaretto nuovo fa per la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella” ed io aggiungo che il piacere si intensifica quando puoi riportare al palato un “sapere” dimenticato e magari rinnovarlo per vivere al meglio la nostra esistenza.










































Archivio:
Archivio storico Camera di Commercio.
Archivio Banca d’Italia.
Comune di Roma, Catasto.
Archivio Storico Capitolino, I.E. prot. 5613/1898
Conservatoria del Patrimonio, Comune di Roma, pos. 889,
via della Greca.

Biografia:

F. Amendolagine, Mulino Pantanella. Il recupero di una archeologia industriale romana, Masilio Editori, 1996
D. Brignone, PANTANELLA, Michelangelo, su Treccani - Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 2014, vol. 81.
a cura di D. Brignone, contributi di Emilia Parisi, Innovazione tecnologica ed industria in Italia, cinque realtà emblematiche, 1860- 1940, Bulzoni, Roma 1993, p. 127 ss

AA.VV. Pietro Aschieri architetto, Roma, Bulzoni, 1977
A cura di F. Amendolagine, Mulino Pantanella. Il recupero di una archeologia industriale romana, Venezia 1996, p. 15

D. Cialoni, Il mercato centrale ai Cerchi e la stazione al Circo Massimo.Ipotesi d’uso di una zona archeologica nei primi anni di Roma Capitale, Bollettino della Unione Storia ed Arte, 2011, n.6 [PDF].
G. Giovannoni, La sistemazione del Foro Boario e del Velabro in Campitolium, Tiber, 1930.

F. De Michetti, Società Molini e Pastificio Pantanella resistente contro Di Girolamo Giovanni ricorrente e Fiornai Giuseppe: (Udienza 12 novembre 1902), Teramo, Stab. Tip. del Centrale, 1902
L. De Rosa, Storia del Banco di Roma, Roma 1982, p. 39;

P. Toscano, Le origini del capitalismo industriale nel Lazio. Imprese e imprenditori a Roma dall’Unità alla Seconda guerra mondiale, Cassino 2002, pp. 75-79, 116 s.; V. Vidotto, Roma contemporanea, Bari-Roma 2006, pp. 60, 99.
E. Serinaldi, Molitura e pastificazione a Roma. La “Pantanella” 1865-1914, in Innovazione tecnologica ed industria in Italia. Cinque realtà emblematiche, a cura di D. Brignone, Roma 1993, pp. 127-171; Mulino Pantanella. Il recupero di una archeologia industriale romana, a cura di F. Amendolagine, Venezia 1996, p. 15
C. G., Severino, ROMA MOSAICO URBANO. Il Pigneto fuori Porta Maggiore, Roma, Gangemi, 2005
V. Vidotto, Roma contemporanea, Bari-Roma 2006, pp. 60, 99.
Associazione Artistica tra i Cultori di Architettura, Annuario dall’anno XXI-MCMXI all’anno XXV-MCMXV, Roma 1916, pp. 57-74, a firma di G. Giovannoni, R. Lanciani, A. Barbieri, L. Botto, A. Caravacci, C. Caroselli, V. Fasolo, G. Ferrari,G.B. Giovenale, P. Finzi, G. Magni, B. Nogara, M. Piacentini

Società molini e pastificio Pantanella in Roma ( anonima): Assemblea generale ordinaria degli azionisti del 31 marzo 1897, Relazione del Consiglio d’amministrazione e dei sindaci, bilancio dell’esercizio 1896, Roma, Fratelli Centenari, 1897.
Terzo Congresso dei Mugnai Italiani tenutosi a Roma nei giorni 23 e 24 novembre 1886, in Il giornale dei mugnai, V (1886), 11, pp. 121, 135 s.
Emeroteca
Il Messaggero, 11 febbraio 1900;

Il Messaggero, cronaca di Roma, 8 febbraio 1982.

La tribuna illustrata, 14 febbraio 1892

On-line
http://archivio.corriere.it/Archivio/interface/landing.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Ex_Pastificio_Pantanella
www.archidiap.com/opera/pastificio-pantanella/
www.appartamentiportamaggiore.com
www.lakasaimperfetta.com/2016/04/la-pantanella-e-il-gatto.html.

www.treccani.it/enciclopedia/michelangelo-pantanella_(Dizionario-Biografico)/



l DiAP Dipartimento di Architettura e Progetto si è costituito nel 2010 sulla base di un progetto identitario, comune ai tre disciolti Dipartimenti DiAR, AR_Cos e CAVEA, che riguarda la ricerca, la formazione e la sperimentazione progettuale per l’architettura, la città e il paesaggio, inteso come forma del territorio e manifestazione visibile dell’ambiente. L’interesse nei confronti della città contemporanea si estende a campi differenti e molteplici: gli sviluppi storici, il patrimonio architettonico, la configurazione fisica, le dinamiche sociali, sino all’analisi dei caratteri di instabilità che trovano nella condizione urbana innovative occasioni di sintesi di differenti discipline.
Il Dipartimento è basato su una visione condivisa del valore del progetto come specificità della figura dell’architetto; secondo un’alta e radicata tradizione, esso riconosce infatti alla formazione dell’architetto, pur nell’articolazione dei profili professionali, la molteplicità di competenze e la comune capacità di sintesi che si esprimono nel progetto dell’habitat.






[1] D. Cialoni, Il mercato centrale ai Cerchi e la stazione al Circo Massimo.Ipotesi d’uso di una zona archeologica nei primi anni di Roma Capitale, Bollettino della Unione Storia ed Arte, 2011, n.6 [PDF], p. 60, nota 25 in cui cita E. Serinaldi, Molitura e panificazione a Roma. La Pantanella, 1865-1914, in Innovazione Tecnologica ed Industria in Italia, cinque realtà emblematiche, 1860-1940 a cura di D. Brignone, Roma, 1993.


Valentina Ughetto

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